Fenomeni e comportamenti nel pubblico dei media
Fenomeni e comportamenti nel pubblico dei media
Dal "prosumer" alle "smart mobs": come la partecipazione ridefinisce la società digitale.
Nell'ecosistema dei nuovi media – quella che Luciano Floridi (La quarta rivoluzione) definisce "l'infosfera" – la figura del pubblico si è evoluta da ricettore passivo di messaggi unidirezionali a soggetto attivo e produttivo. Questo cambiamento epocale è guidato dal fenomeno della disintermediazione, che, come sottolinea Giuseppe Riva, permette agli individui di creare e diffondere contenuti senza la mediazione dei tradizionali "gatekeeper" (giornali, televisioni). Il pubblico non si limita più a consumare, ma produce, remixa e mette in circolo informazioni, assumendo un ruolo di "prosumer". Tale trasformazione ha generato complesse dinamiche sociali, da un lato potenziando la partecipazione e la creatività collettiva, dall'altro esponendo a nuovi rischi come la manipolazione e la disinformazione.
Il Framework delle Culture Partecipative (Jenkins)
Il framework delle culture partecipative, definito da Henry Jenkins, è essenziale per analizzare i nuovi comportamenti del pubblico. Secondo Jenkins, una cultura partecipativa presenta "basse barriere all’espressione artistica e all’impegno civico, un forte sostegno alla creazione e alla condivisione" e una sorta di "mentorship informale" in cui i più esperti guidano i novizi. All'interno di questo paradigma, il pubblico manifesta comportamenti specifici che superano il semplice consumo.
| Comportamento Partecipativo (Jenkins) | Descrizione |
|---|---|
| Affiliazione | Appartenenza a comunità online (forum, social network) per socializzare e costruire la propria identità (Riva). |
| Espressioni Creative | Creazione e remix di Contenuti Generati dagli Utenti (UGC), come fan fiction, meme, video. |
| Problem-solving Collaborativo | Lavoro collettivo per aggregare conoscenza (es. Wikipedia), dando vita a un'"intelligenza collettiva". |
| Circolazione | Selezione e condivisione attiva dei contenuti, che influenza la viralità e l'"agenda-setting" pubblica. |
1. Affiliazione e Identità
L'affiliazione, ovvero l'appartenenza a comunità online (forum, social network, gruppi di gioco), non è solo un atto sociale. Come emerge dai lavori di Riva (I social network), è uno dei principali motori della socializzazione contemporanea. Per i "nativi digitali", queste affiliazioni sono un laboratorio per la costruzione e la negoziazione della propria identità. All'interno di un gruppo di pari, l'individuo non solo riceve supporto sociale, ma definisce chi è attraverso la condivisione di interessi e valori, trovando uno spazio di espressione che può mancare nei contesti offline tradizionali.
2. Espressioni Creative (UGC)
La produzione di Contenuti Generati dagli Utenti (UGC) diventa una pratica diffusa. Il pubblico si appropria dei linguaggi mediali per creare opere originali o derivative (fan fiction, meme, video-remix), dimostrando una competenza mediale attiva. Questo fenomeno ridefinisce il concetto di autorialità: la creazione diventa un processo di "scrittura collettiva", in cui il contenuto originale è solo un punto di partenza per infinite rielaborazioni. Questo non solo dimostra creatività, ma anche una profonda comprensione (spesso implicita) dei codici e dei linguaggi dei media, come sottolineato da Buckingham.
3. Problem-solving Collaborativo
Gli utenti lavorano insieme per aggregare conoscenza, come nel caso emblematico di Wikipedia. Questo incarna il concetto di "intelligenza collettiva": il sapere non è più depositato in singole fonti autorevoli (l'esperto, l'enciclopedia cartacea), ma è il risultato di un processo collettivo, distribuito, negoziato e in costante aggiornamento. Questo comportamento dimostra la capacità del pubblico di organizzarsi per raggiungere un obiettivo comune, superando le barriere geografiche e gerarchiche.
4. Circolazione e Agenda-Setting
Il pubblico modella attivamente il flusso dei media. Attraverso la selezione e la condivisione di contenuti (il "forwarding"), gli utenti determinano la loro viralità. Questo comportamento ha un impatto diretto sul potere di "agenda-setting", ovvero la capacità di stabilire quali argomenti siano considerati rilevanti per il dibattito collettivo. Un tempo detenuto quasi esclusivamente dai "gatekeeper" dell'informazione come giornali e telegiornali, questo potere è oggi sempre più distribuito: un tema lanciato dal basso (bottom-up), attraverso la circolazione virale, può imporsi all'attenzione della società, costringendo anche i media istituzionali e la politica a prenderlo in considerazione.
Effetti Ambivalenti della Partecipazione
Queste nuove capacità operative del pubblico (Affiliazione, Espressione, Collaborazione, Circolazione) sono potenti, ma i loro effetti sono profondamente ambivalenti. I fenomeni che ne derivano non sono intrinsecamente positivi o negativi, ma dipendono dal contesto e dalla consapevolezza con cui vengono agiti.
Un fattore cruciale che avvelena la partecipazione è legato alla struttura stessa delle piattaforme. Come analizzato da Giuseppe Riva (Fake news, I social network), entriamo in un circolo vizioso. Da un lato, gli algoritmi di personalizzazione creano involontariamente delle "filter bubble" (bolle di filtraggio): la piattaforma impara i nostri gusti e ci mostra solo contenuti affini a ciò che già crediamo, nascondendo le visioni divergenti. Dall'altro lato, entra in gioco la psicologia: la nostra tendenza naturale a cercare conferme (il "bias di conferma") e a frequentare gruppi di persone che la pensano come noi (Affiliazione) ci porta a rinchiuderci volontariamente in "echo chamber" (camere di risonanza). La combinazione di questi due fattori – uno tecnologico (la bolla) e uno psicologico-sociale (la camera) – crea un ambiente isolato dove le visioni alternative scompaiono e la disinformazione può prosperare.
| Fenomeno Emergente | Descrizione | Esito della Partecipazione |
|---|---|---|
| Smart Mobs | Comunità disintermediate che si organizzano (Affiliazione, Collaborazione) per creare "fatti sociali situati" e agire nel mondo reale (Riva). | Esercizio di potere collettivo (ambivalente). |
| Disinformazione | Diffusione di notizie false (Circolazione) amplificata da "filter bubble" (algoritmi) ed "echo chamber" (psicologia), e incentivata da modelli di business basati sulla viralità (Riva, Buckingham). | Effetto collaterale problematico. |
| "Dieta Mediale" | Comportamento di consumo consapevole (autodisciplina) per gestire l'"information overload" e filtrare le fonti. | Strategia di difesa individuale. |
Il Rischio dell'Isolamento: Filter Bubble ed Echo Chamber
Un fattore cruciale che avvelena la partecipazione è legato alla struttura stessa delle piattaforme. Come analizzato da Giuseppe Riva (Fake news, I social network), entriamo in un circolo vizioso. Da un lato, gli algoritmi di personalizzazione creano involontariamente delle "filter bubble" (bolle di filtraggio): la piattaforma impara i nostri gusti e ci mostra solo contenuti affini a ciò che già crediamo, nascondendo le visioni divergenti. Dall'altro lato, entra in gioco la psicologia: la nostra tendenza naturale a cercare conferme (il "bias di conferma") e a frequentare gruppi di persone che la pensano come noi (Affiliazione) ci porta a rinchiuderci volontariamente in "echo chamber" (camere di risonanza). La combinazione di questi due fattori – uno tecnologico (la bolla) e uno psicologico-sociale (la camera) – crea un ambiente isolato dove le visioni alternative scompaiono e la disinformazione può prosperare.
L'Esercizio del Potere: Le Smart Mobs
Questo fenomeno è l'effetto diretto delle capacità di Affiliazione e Collaborazione su larga scala. Riva le definisce come comunità che, grazie alla dimensione e alla disintermediazione, si organizzano per agire nel mondo reale. Le smart mobs sono capaci di creare "fatti sociali situati" (ad esempio, campagne di boicottaggio coordinate, flash mob di protesta) che, con il loro potere coercitivo, possono influenzare direttamente l'economia e sfidare le istituzioni tradizionali. Questo rappresenta un esito potente e ambivalente della partecipazione: un esercizio di potere collettivo che può portare a cambiamenti positivi ma anche a forme di pressione sociale non regolamentate.
L'Effetto Collaterale: Disinformazione e Capitalismo della Sorveglianza
La stessa capacità di Circolazione che permette la diffusione di informazione rilevante ha un lato oscuro. Il pubblico, agendo come diffusore attivo, può diventare un veicolo di notizie false. Come spiega Riva, questo comportamento non è solo frutto di ingenuità, ma è amplificato dalle echo chamber e alimentato dal bias di conferma: condividiamo la notizia falsa perché offre un'esperienza gratificante che rafforza la nostra visione del mondo e la nostra identità di gruppo. A questo fattore psicologico si aggiunge quello economico, denunciato da Buckingham (Manifesto): il modello di business delle piattaforme, basato sulla viralità e sul "capitalismo della sorveglianza", incentiva la diffusione di contenuti scioccanti, polarizzanti ed emotivi – indipendentemente dalla loro veridicità – perché sono quelli che generano più interazioni e, quindi, più profitti pubblicitari.
La Strategia di Difesa: La "Dieta Mediale"
L'enorme abbondanza di contenuti (l'"information overload"), generata dalle capacità di Espressione Creativa e Circolazione, rende necessario per l'individuo sviluppare una strategia di gestione. Il concetto di "dieta mediale" nasce proprio come risposta a questa situazione: è un comportamento di consumo consapevole che, tramite l'autodisciplina, mira a raggiungere un "equilibrio" sano tra informazione di qualità, intrattenimento e relazioni. Lo scopo è formare un "consumatore critico" che sappia filtrare attivamente, valutare la qualità e scegliere le proprie "fonti nutritive" mediali, per evitare l'indigestione informativa e la passività.
Dalla Partecipazione alla Cittadinanza Critica
Tutti questi nuovi modi di agire online finiscono inevitabilmente per ridefinire il concetto stesso di cittadinanza, rendendo chiaro che serve una nuova e specifica forma di alfabetizzazione. Le pratiche partecipative, infatti, sono il terreno su cui si costruisce la moderna cittadinanza digitale (come definito in Educare ai nuovi media): la nostra capacità di informarci, esprimere opinioni e organizzarci collettivamente in rete non è altro che un'estensione dei nostri diritti e doveri di cittadini nella sfera pubblica digitale.
Tuttavia, per navigare questa complessa realtà, non basta saper partecipare; è cruciale sviluppare una competenza mediale critica. Il punto di partenza, come afferma David Buckingham in modo categorico (Media education), è capire che i media non sono "finestre trasparenti sul mondo". Essi non ci offrono mai la realtà, ma ci forniscono "rappresentazioni selettive" della realtà.
I media si interpongono: ci forniscono versioni selettive del mondo, piuttosto che un accesso diretto ad esso.
- D. Buckingham, Media Education
Di conseguenza, una vera educazione ai media deve insegnare a decostruire queste rappresentazioni, a porsi domande fondamentali: chi le ha prodotte, per quale scopo, con quali linguaggi, quali valori stanno cercando di trasmettere e cosa (o chi) è stato escluso? Comprendere a fondo questo principio è ciò che permette di trasformare una partecipazione potenzialmente ingenua in un esercizio di cittadinanza consapevole e responsabile.
Conclusione: Abitare l'Infosfera
In conclusione, il pubblico contemporaneo è un attore potente e complesso, i cui comportamenti oscillano tra il potenziale di un'intelligenza collettiva democratica e i rischi di una frammentazione sociale alimentata dalla disinformazione. La sua capacità di produrre e far circolare contenuti ha democratizzato l'accesso alla sfera pubblica, ma ha anche reso più difficile distinguere tra informazione e manipolazione.
In questo scenario, la Media Education non è più un'opzione, ma una necessità democratica. Come ricorda Ceretti (Umanità mediale), i media non sono solo strumenti, ma "l'ambiente antropologico" in cui viviamo. L'obiettivo non è solo "usare" i media, ma "abitarli" criticamente. Per questo, lo scopo ultimo è formare cittadini capaci di comprendere le rappresentazioni (Buckingham) per poter partecipare alla vita pubblica in modo costruttivo e pienamente consapevole.
Riferimenti bibliografici
- Appunti dal corso Educazione e Nuovi Media. Università Telematica Internazionale Uninettuno.
- Jenkins, H. (s.d.). Culture Partecipative e Competenze Digitali. (File: culture partecipative e competenze digitali_Optimizer.pdf).
- Riva, G. (2018). Fake news. Vivere e sopravvivere in un mondo post-verità. Bologna: Il Mulino.
- Riva, G. (2016). I social network. Bologna: Il Mulino.
- Riva, G. (2014). Nativi digitali. Crescere e apprendere nel mondo dei nuovi media. Bologna: Il Mulino.
- Buckingham, D. (2006). Media education. Alfabetizzazione, apprendimento e cultura contemporanea. Trento: Erickson.
- Buckingham, D. (2019). Un manifesto per la media education. Mondadori. (File: un manifesto per la media education_Optimizer.pdf).
- Celot, P., Franceschetti, R., Salamini, E. (s.d.). Educare ai nuovi media. (File: EDUCARE AI NUOI MEDIA(1)_Optimizer.pdf).
- Ceretti, F. (2018). Umanità mediale. Itinerari per una pedagogia della comunicazione. Milano: Vita e Pensiero. (File: Umanita_mediale_Ceretti_cap_2.pdf).
- Floridi, L. (2014). La quarta rivoluzione. Come l'infosfera sta trasformando il mondo. Raffaello Cortina Editore. (File: la quarta rivoluzione_Optimizer.pdf).
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